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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-10 ad oggi 2010-06-17 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

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Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-10 ad oggi 2010-06-17

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2010-06-17

 

 

 

 

 

 

 

 

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2010-06-17

inchiesta sul g8

Appalti e favori, il dossier al Papa

Più controlli sulle case del Vaticano

L'interessamento del segretario di Stato Bertone.

In vista un cambio alla guida di Propaganda Fide

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NOTIZIE CORRELATE

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Bertolaso: "La casa di via Giulia grazie al cardinale Sepe" (16 giugno 2010)

inchiesta sul g8

Appalti e favori, il dossier al Papa

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L'interessamento del segretario di Stato Bertone.

In vista un cambio alla guida di Propaganda Fide

L'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe (Ansa)

L'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe (Ansa)

CITTÀ DEL VATICANO - Non si può dire che la bufera intorno a Propaganda Fide e al suo patrimonio immobiliare abbia colto di sorpresa i piani alti Oltretevere, in Vaticano si ostenta tranquillità, "la giustizia civile faccia il suo corso". Certo, "si leggono tante cose non vere", considerano più fonti nel giorno in cui le cronache riportano le dichiarazioni di Guido Bertolaso ai magistrati di Perugia: che il capo della Protezione civile potesse essere ospite dell’appartamento in via Giulia, senza che nessuno pagasse un affitto alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, "è escluso", si dice in Vaticano, "qualcuno deve averlo fatto". Che qualcosa non funzionasse, tuttavia, era già chiaro ben prima che intercettazioni e indagini rivelassero il giro vischioso di assegnazioni e vendite immobiliari di favore. Oltretevere si usa una parola dura: "Rimozione". Quattro anni fa, nel 2006, il cardinale Crescenzio Sepe, allora prefetto di Propaganda Fide, fu allontanato da Benedetto XVI alla scadenza del primo quinquennio: una cosa "inconsueta", si fa notare, visto che il predecessore era rimasto sedici anni e tutti gli altri prefetti del Novecento andarono ben oltre il primo mandato, salvo un caso di morte prematura. Altrettanto strano è che un capo congregazione, addirittura il potentissimo "Papa rosso" di Propaganda Fide, passasse a guidare una diocesi, per quanto illustre come Napoli: semmai accade il contrario.

"GESTIONE NON ESEMPLARE" - No, qualcosa non ha funzionato, "la gestione non è stata esemplare", si considera con un eufemismo curiale: e la "riforma gentile" della Curia avviata da papa Ratzinger nel 2005 - gradualmente, senza scossoni - aveva già iniziato a porvi rimedio. In questi mesi l’attenzione è ovviamente aumentata - si è già deciso di cancellare il nome del "consultore " e "gentiluomo di Sua Santità" Angelo Balducci dall’Annuario Pontificio 2011 - e in Segreteria di Stato si sono fatti mandare tutte le carte e i documenti sulla faccenda, il cardinale Tarcisio Bertone si consulta "come per ogni questione" con Benedetto XVI, ci sono novità in vista. Anche se "non ci sarà alcun commissariamento della Congregazione", spiegano Oltretevere, smentendo voci circolate nelle scorse settimane.

PATRIMONIO IMMENSO - Le cose sono però destinate a cambiare. I beni di Propaganda Fide, un patrimonio immenso (si stimano oltre 9 miliardi di euro) frutto di proprietà e donazioni secolari, sono gestiti in perfetta autonomia dalla Congregazione e servono a sostenere le terre di missione, Africa e Asia in testa: per questo il prefetto viene definito "Papa rosso". La gestione è distinta da quella dell’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica presieduta dal cardinale Attilio Nicora. Il problema è che la divisione è eccessiva, nel senso che le due gestioni procedono a compartimenti stagni: è quindi "auspicabile", spiegano fonti vicine alla Segreteria di Stato, che "si arrivi a un maggiore coordinamento e una maggiore vigilanza" sulla gestione della Congregazione. Non si tratta di trasferire competenze o beni immobiliari, ma di "garantire maggiore trasparenza interna": se non altro per evitare che atti e vendite del patrimonio immobiliare, com’è accaduto con la vecchia gestione, possano restare ignoti nella stessa Santa Sede, al di fuori del palazzo della Congregazione.

TRASPARENZA - Del resto l’attuale prefetto di Propaganda Fide, il cardinale Ivan Dias, venne nominato nel 2006 proprio per "avviare una gestione più trasparente": figura di grande spiritualità, indiano e già arcivescovo di Bombay, garantiva e garantisce una serena estraneità ai giri di amicizie romani. Il cardinale Dias, dicono Oltretevere, ha però chiesto a Benedetto XVI di poter lasciare l’incarico: è noto da tempo che abbia problemi di salute, anche se il desiderio sarebbe di mantenerlo al suo posto fino alla scadenza, a primavera 2011. In ogni caso, la questione andrà affrontata nei prossimi mesi. Di certo il successore sarà un uomo di fiducia del papa e del segretario di Stato, e una personalità di altissimo livello: difatti si fa il nome dell’arcivescovo Fernando Filoni, finissimo diplomatico e Sostituto per gli Affari Generali; in questo caso il problema sarebbe trovare una figura capace di prendere il suo posto ai vertici (è il numero due, assieme all’arcivescovo Dominique Mamberti) della Segreteria di Stato.

Gian Guido Vecchi

17 giugno 2010

 

 

 

 

L'ammissione del capo della Protezione civile ai pm di Perugia

Bertolaso: "La casa di via Giulia

grazie al cardinale Sepe "

Fu lui a indirizzarlo al professor Francesco Silvano collaboratore di Propaganda Fide

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Il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe (Emblema)

Il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe (Emblema)

PERUGIA - Fu il cardinale Crescenzio Sepe, a lungo al vertice di Propaganda Fide, a indirizzare Guido Bertolaso al professor Francesco Silvano, collaboratore dell'organizzazione religiosa, che poi gli mise a disposizione l'appartamento di via Giulia a Roma. Emergono nuovi particolari dall'interrogatorio del capo della Protezione Civile Guido Bertolaso di martedì davanti ai magistrati di Perugia Sergio Sottani ed Alessia Tavarnesi e chiamano in causa l'attuale arcivescovo di Napoli, all'epoca responsabile dell'immobiliare del Vaticano.

PERSONALMENTE - Agli inquirenti che indagano sulla cricca degli appalti, Bertolaso ha spiegato agli inquirenti di avere contattato "personalmente" il cardinale Sepe, che conosceva da tempo. Nella primavera-estate del 2003 il sottosegretario aveva infatti chiesto e ottenuto, per vicende personali, di soggiornare presso il collegio universitario di Propaganda Fide, sempre a Roma. L'attività lavorativa del Capo del dipartimento della Protezione civile - ha sostenuto lui stesso nella nota diffusa martedì sera subito dopo l'interrogatorio - si era però "mostrata incompatibile con il regime di vita degli studenti dell'ateneo a causa degli orari imposti dalla sua attività istituzionale". Fu quindi il cardinale Sepe a indirizzare Bertolaso - secondo quanto avrebbe riferito lui stesso ai pubblici ministeri - al professor Silvano, che gli mise a disposizione l'appartamento di via Giulia. Il sottosegretario ha anche spiegato di avere soggiornato nella casa fino alla fine del 2003 quando tornò a vivere nella sua abitazione. Ma ai magistrati ha anche rivelato di avere mantenuto la disponibilità dell'appartamento, senza comunque soggiornarvi, per un altro anno, quando restituì le chiavi.

L'AFFITTO - Nel corso dell'interrogatorio, i pm hanno poi contestato a Bertolaso le dichiarazioni rese dall'architetto Angelo Zampolini, che gli inquirenti sospettano abbia riciclato denaro per Diego Anemone. È stato lui ad aver detto di aver pagato l'affitto della casa di via Giulia (per conto del costruttore, è il sospetto di chi indaga) senza però fornire date, almeno a quanto sarebbe emerso nell'interrogatorio di Bertolaso. Il capo della Protezione civile ha comunque negato che ciò sia avvenuto quando soggiornava nell'abitazione. Di questa Bertolaso ha ribadito di avere pagato le bollette ma non l'affitto. Ai pubblici ministeri di Perugia il sottosegretario ha consegnato anche alcune foto di un immobile nella zona di Positano, anche questo finito all'attenzione degli inquirenti. "Un rudere che apparteneva a mia madre" ha sottolineato Bertolaso ai magistrati.

APPALTI - Nel corso dell'interrogatorio di martedì, infine, si è parlato anche di appalti. "Non mi sono mai occupato della gestione degli appalti, con la sola eccezione di quelli per il G8 che doveva tenersi alla Maddalena" ha messo a verbale il capo della Protezione Civile. Per quanto riguarda il vertice poi spostato all'Aquila, Bertolaso ha riferito che si accorse che i costi stavano lievitando e per questo "intervenni, sostituendo come soggetto attuatore Fabio De Santis (che a sua volta aveva preso il posto di Angelo Balducci, ndr) con Gian Michele Calvi, nel novembre del 2008". Per il resto degli appalti, Bertolaso ha riferito ai pm perugini che a occuparsene era l'allora presidente del consiglio superiore pubblici Angelo Balducci.

FUGA DI NOTIZIE - Gli avvocati di Guido Bertolaso, Filippo Dinacci e Giovanni Dean, dopo la diffusione di questi passaggi dell'interrogatorio chiedono alla Procura di Firenze di fare chiarezza sull'ennesima fuga di notizie. "Prendiamo ancora una volta atto dell'abitudine di fare i processi sui giornali - dicono - e la cosa ci sorprende non poco anche in considerazione del fatto che i difensori, come nel precedente interrogatorio non hanno chiesto nè ottenuto copia dell'atto". I difensori si dicono "convinti che su questa ennesima circostanza la Procura di Perugia saprà far chiarezza. E comunque preme rilevare che la pubblicazione di contenuti per stralci di un atto, lo rende oggetto di possibili travisamenti". Quanto alle "fantasiose case" in Costa Azzurra e a Positano, gli avvocati sottolineano che "il dottor Bertolaso, pur non essendo il tema oggetto d'indagine, ha chiarito che la casa in Costa Azzurra è inesistente e che quella a Positano è un rudere di proprietà della famiglia da più generazioni".

Redazione online

16 giugno 2010

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-06-17

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-06-17

"L'8 per mille alla carità"... Ne siete proprio sicuri?

di Alessandro Capricciolitutti gli articoli dell'autore

L'altro giorno vi ho parlato dell'otto per mille, spiegandovi l'inghippo grazie al quale alla Chiesa Cattolica e agli altri beneficiari affluiscono un sacco di quattrini da gente che non è minimamente consapevole di averglieli dati.

Oggi, per approfondire il discorso, vorrei soffermarmi su un altro aspetto abbastanza inquietante: vi siete mai chiesti come vengono impiegati quei fondi?

Negli spot televisivi con cui la Chiesa chiede l'otto per mille agli italiani sono puntualmente reclamizzate finalità come l’assistenza ai disabili e agli anziani, il sostegno dei paesi in via di sviluppo, l’accoglienza dei senza tetto e via discorrendo: cioè, in estrema sintesi, tutte le attività che nel linguaggio corrente vengono chiamate "opere di carità".

Se ci si prende la briga di verificare come vengono effettivamente impiegati quei soldi, tuttavia, ci si accorge che in realtà le cose stanno in modo diverso.

All’indirizzo internet della CEI è possibile consultare il rendiconto di spesa dei fondi assegnati alla Chiesa con l’otto per mille: l’esposizione è piuttosto contorta e farraginosa, ma se ci si arma di una calcolatrice e di un pizzico di pazienza se ne può venire a capo nel giro di un paio d’ore. Prendendo come riferimento l'impiego dei fondi assegnati nell’anno 2005, ad esempio, si possono ricavare questi dati:

Sacerdoti € 315.000.000

Culto e pastorale € 271.000.000

Edilizia di culto € 130.000.000

Carità € 115.000.000

Terzo mondo € 80.000.000

Beni culturali € 70.000.000

Fondo di riserva € 3.000.000

Totale dei fondi € 984.000.000

Esaminiamo una per una le singole voci.

L'importo più significativo (circa il 32% del totale) si riferisce al sostentamento dei sacerdoti, che attraverso questo meccanismo viene quindi abbondantemente finanziato dallo Stato italiano; nel sito della CEI è spiegato che per l’anno 2005 il 57% dei fondi necessari al sostentamento del clero deriva dall’otto per mille: si tratta di una quota decisamente sostanziosa, specie se si considera che un ulteriore 22% del fabbisogno viene finanziato attraverso gli stipendi dei sacerdoti che lavorano -come ad esempio gli insegnanti di religione-, e quindi che in un modo o nell’altro lo Stato mantiene i sacerdoti per una quota che sfiora il 70%.

La seconda voce di spesa (circa il 28% del totale), è denominata "Culto e Pastorale": scartabellando sul sito internet della CEI ci viene spiegato che in questa dicitura -piuttosto oscura per un profano- è ricompreso il finanziamento di opere pastorali quali famiglie religiose e volontariato laicale (49 milioni di euro), del fondo catechesi per l’educazione cristiana (60 milioni di euro), dei tribunali ecclesiastici regionali (7 milioni di euro), nonché di varie attività delle diocesi quali cura delle anime, formazione del clero, catechesi -ancora?- e formazione cristiana, facoltà teologiche e istituti religiosi (155 milioni di euro).

Se si eccettuano le opere pastorali, che in alcuni casi consistono in attività di assistenza analoghe a quelle degli spot, le altre voci di spesa si riferiscono al finanziamento di iniziative che con quelle attività hanno ben poco a che vedere: circa l’80% di questa voce di spesa, corrispondente al 22% dei finanziamenti totali, viene pertanto destinata a impieghi che riguardano il funzionamento interno della Chiesa Cattolica e dei suoi apparati.

Circa il 13% del finanziamento totale viene poi destinato alla cosiddetta "Edilizia di culto", cioè agli interventi edilizi in favore delle parrocchie, delle case canoniche, delle aule per il catechismo (ma non dei parcheggi, delle palestre, degli impianti sportivi, delle aule scolastiche, come viene esplicitamente specificato nel sito della CEI).

Dando per scontato che le voci "Carità" e "Terzo mondo", pari complessivamente al 20% del totale, siano rappresentative di attività più o meno corrispondenti a quelle reclamizzate, che gli impieghi in favore dei "Beni culturali", pari al 7% del totale, finiscano in un modo o nell'altro per arrecare dei benefici sia pure indiretti alla collettività, e trascurato il trascurabile accantonamento al "Fondo di Riserva", si possono tirare le somme e tornare a riflettere sui messaggi pubblicitari di cui si diceva all'inizio.

Ebbene, tirando le somme i risultati sono decisamente sorprendenti, perché il 67% dei fondi ricevuti con l’otto per mille nel 2005, pari alla bellezza di 660 milioni di euro, sono stati destinati a utilizzi che non corrispondono affatto a quelli reclamizzati negli spot televisivi, ma che riguardavano il mantenimento dell’apparato della Chiesa Cattolica, dei suoi dipendenti e dei suoi fabbricati; solo il 33% dei fondi è stato speso per attività in qualche modo corrispondenti agli appelli mediatici sui quali la Chiesa investe tante risorse, probabilmente a loro volta finanziate con l’otto per mille degli anni precedenti.

Il che equivale a dire che per ogni dieci euro di IRPEF che il contribuente decide di versare nelle casse della Chiesa Cattolica, solo tre vengono effettivamente destinati alle lodevoli finalità che presumibilmente l’hanno spinto a quella scelta.

Se aggiungete che più della metà di quei soldi, come vi dicevo l'altro giorno, provengono alla Chiesa da persone che neanche sanno di averglieli dati, il quadro è completo.

Stupiti? Ne avete tutte le ragioni. Però, per cortesia, conservate un po' di meraviglia per la prossima volta: quando mi racconterò che fine fa l'8 per mille destinato allo Stato, credetemi, vi servirà.

16 giugno 2010

 

 

 

 

Otto per mille: a chi regali i tuoi soldi senza saperlo?

di Alessandro Capricciolitutti gli articoli dell'autore

Siamo nel periodo caldo delle dichiarazioni dei redditi, e come ogni anno centinaia di migliaia di contribuenti, attraverso l'inghippo dell'8 per mille, regaleranno i propri quattrini alla Chiesa e alle altre confessioni religiose senza saperlo*.

Il meccanismo è apparentemente semplice: ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi sceglie di destinare l’8‰ delle sue tasse a uno dei possibili beneficiari, oppure di non darlo a nessuno di loro: ed è proprio qua che sta l'inghippo, perché tutte le quote dell’8 per mille per cui non è stata esercitata alcuna scelta non vengono acquisite al normale gettito fiscale, ma sono ridistribuite tra i sette beneficiari nella proporzione corrispondente alle scelte effettuate da chi ha esercitato l'opzione.

Tanto per fare un esempio pratico, i dati ci dicono che per l'anno 2000 solo il 40% dei contribuenti hanno espresso la volontà di destinare il proprio 8 per mille a qualcuno, mentre il restante 60% (e quindi la maggioranza) non ha operato alcuna scelta.

Badate, non si tratta di una bazzecola: per l'anno 2000 l'importo complessivo dell'8 per mille non esplicitamente destinato ammontava a cinquecento e passa milioni di euro, che in barba a qualsiasi logica non sono stati incamerati dalle casse dell'erario, ma sono stati ridistribuiti tra i sette beneficiari nelle stesse percentuali risultanti dalle scelte di chi aveva esercitato l’opzione: e siccome tra coloro che lo avevano fatto l'87% aveva scelto la Chiesa Cattolica e il 10% lo Stato -per citare i due casi più rilevanti- a costoro sono andati anche, rispettivamente, l'87% e il 10% dell'8 per mille di coloro che non avevano espresso alcuna volontà.

L’effetto perverso del meccanismo, quindi, sta nel fatto che i beneficiari dell’8 per mille ricevono non solo i fondi dei contribuenti che hanno scelto a chi erogarli, ma anche il denaro di coloro che non hanno voluto esprimere alcuna scelta; il che, in poche parole, equivale a dire che non c’è scampo: l’8 per mille dell’IRPEF di ciascun contribuente deve per forza essere destinato a uno di questi sette soggetti, che lui lo voglia oppure no.

Ma c'è di più, e di peggio.

Siccome i contribuenti che non esercitano l'opzione, come abbiamo visto, sono assai più numerosi rispetto a quelli che lo fanno, ciascuno dei sette beneficiari percepisce la maggior parte dei fondi non da chi ha voluto destinarglieli, ma da coloro che non hanno espresso alcuna intenzione.

Ne consegue logicamente che un sacco di gente versa i propri quattrini alla Chiesa -e alle altre confessioni religiose, sia pure in misura inferiore- senza saperlo, in base a un sistema che pare fatto apposta (e probabilmente lo è) per favorire questa inconsapevole erogazione.

Sbalorditi? Non avete ancora letto niente.

Nei prossimi giorni parlerò di come vengono utilizzati i quattrini che la Chiesa e lo Stato ricevono dell'8 per mille: preparatevi, perché ne vedremo delle belle.

** Alessandro Capriccioli è l'autore del blog Metilparaben, ospitato da l'Unità

* L’otto per mille, con cui lo Stato italiano devolve l’8‰ del gettito fiscale IRPEF a se stesso, alla Chiesa Cattolica o ad altre confessioni religiose, fu messo a punto dopo il nuovo Concordato del 1984, quando il cattolicesimo cessò di essere religione di Stato e quindi divenne impossibile pagare direttamente gli stipendi del clero con i soldi pubblici come avveniva in precedenza.

Negli anni successivi lo Stato ha siglato accordi analoghi anche con le Assemblee di Dio, con la Chiesa Valdese, con i Luterani, con gli Avventisti e con le Comunità Ebraiche.

10 giugno 2010

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